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Anna Sfardini

Anna Sfardini è ricercatrice a tempo determinato (di tipo B) in Cinema, Fotografia, Televisione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove insegna Comunicazione Interculturale e Metodi di Ricerca sulla Produzione e i Consumi Mediali. Coordina le attività del CeRTA (Centro di Ricerca sulla televisione e gli Audiovisivi) ed è direttore didattico del master ‘Fare TV. Gestione, Sviluppo, Comunicazione’. Tra le sue pubblicazioni, Reality TV. Pubblici fan, protagonisti, performer (Unicopli 2009), La TV delle donne. Brand, programmi e pubblici (Unicopli 2015) e La televisione. Modelli teorici e percorsi di analisi (con Massimo Scaglioni, Carocci 2017).

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Sessione VI - 31 maggio 15.30

Distopie generazionali.
Rielaborazione del passato e dinamiche familiari nella serialità contemporanea

Negli ultimi anni, si è assistito a una proliferazione di serie tv di ambito distopico, tese a fronteggiare e raccontare ansie, paure e contraddizioni della società contemporanea. Dentro uno scenario trasversale ai generi, alle tematiche affrontate e ai contesti di produzione e distribuzione, assume una certa rilevanza la questione generazionale, da intendersi sotto molteplici prospettive, che impatta sulla costruzione stessa dei meccanismi temporali, sulla loro funzione narrativa e sulle dinamiche di ricezione.

Il presente contributo intende indagare il rapporto tra temporalità e generazioni nell’ambito della serialità distopica sotto una duplice prospettiva: una esterna, legata cioè all’utilizzo del tempo come espediente di rielaborazione del passato, sia nella funzione classica della memoria che riprende, aggiornandolo, il complesso bagaglio di ansie e paure prodotto da un avvenimento storicamente avvenuto, sia in quella dei meccanismi ucronici, che immaginano percorsi della storia diversi da quelli reali in una chiave di materializzazione contemporanea di incubi radicati in una comunità; e una interna, legata alle relazioni interpersonali tra generazioni differenti o membri della stessa famiglia che si misurano dentro tali perimetri distopici, secondo una pluralità di filoni narrativi che vanno dalla childless e adultless dystopia (la costruzione di mondi privi, alternativamente, di bambini o di adulti) alle diverse prospettive con cui personaggi espressione di generazioni differenti si pongono di fronte al declino e alle trasformazioni della società

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