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Mario Tirino

Mario Tirino è ricercatore in Sociologia dei Processi Culturali all’Università di Salerno, dove insegna Televisione e Nuovi Media e Teorie degli Audiovisivi Di-gitali. Si occupa di sociologia delle culture audiovisive digitali, mediologia del fumetto e della letteratura, sociologia delle culture sportive. Fra i suoi lavori, Postspettatorialità. L’esperienza del cinema nell’era digitale (Meltemi 2020) e le curatele I riflessi di Black Mirror (con Antonio Tramontana, Rogas 2018), Black Lodge. Fenomenologia di Twin Peaks (con Adolfo Fattori, Avanguardia 21 2021) e L’immaginario mediale di Stranger Things (con Simona Castellano, in uscita).

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Sessione VI - 31 maggio 15.30

Vedere o morire.
Metafore della visione e della visibilità in See (2019-)

Ideata da Stephen Knight (Peaky Blinders, Taboo) e prodotta da Apple TV+, la serie televisiva See (2019 – in corso) è ambientata in un futuro distopico in cui un virus ha ridotto la popolazione della Terra a due milioni di abitanti, lasciando i superstiti e i loro discendenti completamente ciechi, regrediti a uno stadio barbarico. Cinquecento anni dopo, la vista è considerata un’eresia, perseguita dai cacciatori di streghe, e confinata nel mito. Il paper intende riflettere sul modo in cui la serie si riconnette ad alcune metafore della visione e della visibilità nella cultura occidentale. In particolare, si possono enucleare tre esperienze culturali con cui See entra in dialogo. In primo luogo, la serie sembra approfondire, in chiave distopica, il modello letterario fissato nel racconto The Country of the Blind (1904) di H.G. Wells, in cui si preannuncia l’inversione simbolica cieco/vedente (la cecità è fonte di conoscenza e l’approccio visivo-centrico di Nunez denota la sua inabilità). Lungo questa traiettoria dell’immaginario occidentale, See chiama in causa l’articolazione del nesso vista/cecità/conoscenza configurato dall’archetipo sofocleo di Edipo, in una tradizione culturale che comprende anche altri celebri figure della cecità come Omero e Tiresia. Infine, la serie di Knight può essere interpretata, da un’ottica mediologica, in una duplice accezione: 1) come metafora estrema dell’acutizzazione dei sensi in una società che abbandona tutte le strutture sociali, istituzionali ed economiche fondate sul primato della vista e del libro; 2) come metafora della produzione della serialità televisiva, laddove la conquista della visibilità (da parte di una serie) e della visione (da parte degli spettatori) è il frutto di una rischiosa trasformazione dell’idea in prodotto finito, esposta ad alta fallibilità

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