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Sara Pesce

Sara Pesce è Professoressa Associata all’Università di Bologna, dove insegna Storia e Linguaggi del Cinema e Cinema e Letteratura. Si occupa di studi sulla performance e sull’attore in ambito anglo-americano e di memoria culturale in ambito cinematografico e mediale. È autrice di Dietro lo schermo. Gli immigrati ebrei che hanno inventato Hollywood (1924-1946) (Carocci 2005), Memoria e immaginario. La Seconda guerra mondiale nel cinema italiano (Le Mani 2008) e Laurence Olivier nei film. Shakespeare, la star, il carattere (Le Mani 2012). Ha curato Imitazioni della vita. Il melodramma cinematografico (Le Mani 2007), The Politics of Ephemeral Digital Media. Permanence and Obsolescence in Paratexts (con Paolo Noto, Routledge 2016) e That’s Entertainment: Spectacle, Amusement and Leisure Culture (con Michele Fadda, Mimesis 2022).

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Sessione V - 31 maggio 14.00

Il vintage di The Marvelous Mrs Maisel (2017-).
Costumi, Jewish entertainment e condizione femminile

Una casalinga ebrea sale alla ribalta intrattenendo il pubblico nella downtown newyorkese degli anni ’50 e attraversa diversi altri ambienti dello show business. Due sono i mezzi del suo appeal. Uno è il vestiario atipico (dalla camicia da notte alle mise raffinate, fin troppo ricercate per quell’ambiente bohémienne, che sdegna certi abbellimenti femminili polished tipici dell’uptown da cui ella proviene). L’altro è il tono dell’eloquio, l’argomento intimo e la scioltezza di un discorso comico che scoperchia tabù riguardanti l’intimità femminile o la posizione della donna nel matrimonio. Il costume design della serie esprime con l’invenzione sartoriale il principio comico della protagonista: celebrare la vita quotidiana a dispetto delle avversità e porre paradossalmente sullo stesso piano l’espressione di sé nell’ambiente domestico e la costruzione di una personalità pubblica che sfidi il primato degli uomini. Entrambe le cose avvengono attraverso scelte di stile. Il vestiario è citazione di un cinema del passato e celebrazione di un settore florido dell’industria della moda: il vintage.

Una straripante fantasmagoria di ispirazione post-femminista, la serie equipara il potere trasformativo del self-adornement alla fiducia in sé, ma anche alla vis comica che scaturisce dal collasso dei freni inibitori. E declina in molte forme un implicito quesito: l’abito è al servizio della vicenda professionale? E che nesso c’è tra lo stile comico irriverente e il culto della foggia impeccabile? L’umorismo della signora Maisel ha origini storiche, nello stand-up comedian ebreo che induce il riso portando sul palco le proprie contraddizioni personali. Salvo che nella prima metà del Novecento questo tipo di umorismo era appannaggio maschile: come quello accorto di George Jessel o quello più spregiudicato, pungente, di Lenny Bruce. Le comiche ebree come Fanny Brice erano clownesche e non usavano la comicità come chiave dell’emancipazione femminile. ‘Nei panni’ fantasiosi e retrò di Miriam Maisel l’entertainment diviene riscrittura della storia culturale.

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Keynote - 31 maggio 10.00

Discussant - Eugenia Paulicelli

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